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Covid, la vitamina D potrebbe azzerarne la mortalità

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Covid, la vitamina D potrebbe azzerarne la mortalità

Arriva un’altra buona notizia riguardante la lotta al Covid: secondo una ricerca guidata dal professor Giannini e che vede coinvolte l’Università di Padova e Parma, l’assunzione di Vitamina D porterebbe grandi benefici a chi ha già patologie pregresse.
In breve, i soggetti che contraendo il Covid potrebbero perdere la vita, con una cura preventiva di Vitamina D potrebbero annullare i sintomi più gravi ed evitare addirittura anche la terapia intensiva.
Quindi, secondo questo studio condotto negli ultimi 6 mesi, la vitamina D assunta nelle giuste dosi diminuirebbe sensibilmente il numero di decessi causati dal Covid.
Ora non resta che la sperimentazione su un campione ancora più elevato di persone.

Lo studio è stato pubblicato su “Nutrients'” coordinato dall’Università di Padova. 
Quest’ultimo ha visto coinvolte le Università di Parma, di Verona e gli Istituti di Ricerca Cnr di Reggio Calabria e Pisa, guidato dal professor Sandro Giannini dell’Università di Padova. 
Lo studio è risultato innovativo rispetto alle altre decine di studi condotti a livello europeo poichè è il primo che si sofferma sugli effetti dell’assunzione di colecalciferolo (vitamina D nativa) in pazienti già affetti da Covid-19.
Infatti, le altre ricerche hanno sempre analizzato l’effetto dell’ ipovitaminosi, ovvero la carenza della vitamina stessa nel nostro organismo.

Quello che quindi si evince dai risultati dello studio è che “La terapia a base di colecalciferolo assunto prima del contagio può favorire un decorso meno critico in caso di contagio
Il professor Giannini ha poi spiegato: “La nostra è stata una ricerca retrospettiva condotta su 91 pazienti affetti da Covid-19, ospedalizzati durante la prima ondata pandemica nella area Area Covid-19 della Clinica Medica 3 dell’Azienda Ospedale-Università di Padova. I pazienti inclusi nella nostra indagine, di età media 74 anni, erano stati trattati con le associazioni terapeutiche allora adoperate in questo contesto e, in 36 soggetti su 91 (39.6%), con una dose elevata di vitamina D per 2 giorni consecutivi

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